Un ramo, e l’altro

Guardava verso il primo sole, ogni mattina di primavera, la giovane foglia protesa dal suo ramo. S’intiepidiva le venature giocando con gli obliqui chiaroscuri dell’alba, insieme alle sue compagne, e intanto sbirciava con diffidenza quelle sagome scure laggiù, sull’altro ramo, foglie anche loro, sì, ma così lontane ed estranee, accecate com’erano dalla piena luce, evanescenti e al tempo stesso cupe, inquietanti.
Si allargava sicura e raggiante sotto il sole del mezzogiorno estivo, la foglia ormai adulta aggrappata al suo ramo. Vibrava e frusciava con le compagne al tenue solletico del vento e, pur fingendo di non vederle, sapeva che laggiù si agitavano, sofferenti e sgraziate, quelle strane, insignificanti foglie penzolanti dall’altro ramo. Lo sapeva perché era sempre stato così, e anche perché lo ronzavano le api mentre pasteggiavano di fiore in fiore. Raccontavano, le api, di quanto lì fosse bello e accogliente e ricco e ordinato, non come là in fondo, dall’altra parte, dove tutto era diverso e si versava in miseria, sbando e dissolutezza.
Si arricciava quieta agli ultimi raggi del sole autunnale, la foglia dorata sul suo ramo. Con le sue compagne ripercorreva i ricordi di una vita felice, vissuta con fatica e merito qui, dalla parte buona, dove il sole si attardava nella magia del crepuscolo e la sera scintillava di pensieri ed emozioni, anche quando laggiù, sull’altro ramo inghiottito dal buio, tutto già taceva, inerte e smarrito. E non credeva ai racconti tubati dalla tortora striata, che svolazzando al tramonto si ostinava a inventare leggende inverosimili. Narrava di un tronco solo, poco più sotto, in cui i due rami si congiungevano, e di un unico grande albero che si componeva guardando da distante. Narrava anche di un cielo infinito, appena un po’ più sopra e tutto intorno, un cielo che conteneva entrambi i rami e tutte le foglie e l’albero intero, e che avvolgeva ogni cosa in un unico abbraccio.
Piroettava nell’aria picchiettata dalla pioggia, mentre lasciava il suo ramo, la foglia ormai caduca verso l’inverno. Accompagnata dalla brezza umida planava tra l’intrico di fronde, e fu con incredulità che scendendo vide i due rami congiungersi in un grande tronco unico e vide che il cielo, anche lì, era lo stesso cielo, infinito e avvolgente, giù giù fino in fondo. E quando la foglia si adagiò a terra, circondata dalle sue compagne, si ritrovò fianco a fianco con un’altra foglia, appena scesa come lei, dello stesso colore, dallo stesso albero, attraverso lo stesso cielo.

Fu così che si spensero, fianco a fianco, indistinguibili e immemori dei mille sguardi che, per mesi, si erano furtivamente scambiate da un ramo all’altro.

Pubblicato da Alberto Vicentin

Dal 1972 (cioè dall'inizio) residente a Brendola, nella provincia vicentina. Ingegnere chimico, consulente ambientale, giornalista pubblicista e... mi piace scrivere (www.spuntidivista.blog)

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