
Mi è difficile non pensare alle frontiere in questi giorni, alle molte cose che rappresentano.
Segnano aspirazioni, limitazioni, varchi e barriere. Andate e ritorni, addii e arrivederci, sfide e avventure, vittorie e sconfitte, fughe bisognose e viaggi di piacere.
Sono punti di passaggio, di arrivo, di partenza, di stallo. Luoghi di speranza e disperazione, di scontro e incontro, di integrazione e separazione, di concentramento e dispersione, di svago e smarrimento.
Portano nel contempo appartenenza e alienazione.
Eppure le frontiere, tolti gli artifizi, semplicemente non esistono.
Esistono le montagne e le foreste, i fiumi, i laghi e i mari con le loro rive.
Esistono la storia, le storie, le culture, i culti, gli usi e i costumi.
Ed esistono le convenzioni, che tracciano linee immaginarie e su di esse pongono steccati.
In effetti è difficile non pensare alle frontiere in questi giorni, però è altrettanto difficile non pensare che in realtà, al netto delle convenzioni, le frontiere non esistono.