L’idea di Aldo Moro, e Argentina ‘78

Sarà che nei mesi scorsi la sospensione dell’ordinario e lo sbando dello straordinario hanno reso più visibili, quasi salvifici gli eventi del passato, specie gli anniversari e le commemorazioni, fatto sta che tra marzo e maggio mi è capitato di incrociare spesso, e con impatto insolito, rievocazioni su Aldo Moro, rapito e ucciso 42 anni fa.
Un pezzo di storia, quasi sconosciuta ai libri di scuola, così recente da renderne oggi tanto difficile il racconto quanto determinante l’effetto.
Mi sono ritrovato a cercare una versione originale, priva di intermediazioni: il mio ricordo di Aldo Moro, l’unico (per così dire) in diretta, risale proprio al 1978 e si colloca nel tinello dei nonni, dietro la guardiola di via Firenze. Avevo quasi 6 anni e nel ricordo è tutto in bianco e nero, non solo l’edizione straordinaria del telegiornale ma anche la credenza alta che incorporava la TV grigia, in una nicchia a misura, e poi la tavola apparecchiata, i commensali con gli occhi al tubo catodico, e fuori dalla finestra i palazzoni di viale Milano e il cielo sopra Vicenza. Poteva essere il 16 marzo, il giorno della strage di via Fani, oppure il 9 maggio, il giorno del ritrovamento del cadavere: il ricordo appartiene per certo ad uno di quei due eventi, ma non ricorda quale, anzi li confonde quasi fossero un evento solo. E forse lo furono.
C’è un clima teso, un’immobilità irrequieta, il fiato sospeso come sull’orlo di un baratro ad occhi bendati, una paura disorientata e solida come un muro contro il quale la Storia si è appena infranta e dietro il quale il futuro è invisibile, irraggiungibile.
Intorno a questo ricordo in bianco e nero, drammatico, crudo e insieme spettacolare, suggestivo, il tempo mi ha formato un’idea nitida, in un certo senso epica, di Aldo Moro, uomo e politico.
Un’idea alimentata da tasselli di informazioni e dalle contorsioni delle attualità successive. Un’idea basata su un certo modo di pensare la politica, stimolata dall’esempio di un padre segretario locale di partito, proprio in quel tempo, e poggiata su una trama di principi e valori tessuta in famiglia, intorno al tavolo della cucina, dove le scelte di paese e i destini della nazione si possono misurare con lo stesso metro.
Ma non ero sicuro che quell’idea fosse corretta, e allora non ho trovato di meglio che prendere in mano un libro su Moro. Il primo che ho incrociato, non importa quale: non cercavo il libro giusto, ma tracce giuste per verificare la mia idea.
E se, come capita per qualsiasi figura e per qualsiasi vicenda della Storia, il merito si declina nella complessità del contesto e nella molteplicità dei livelli di lettura, posso dire che la parte nitida ed epica della mia idea di Aldo Moro ha trovato sostanziale conferma.
Posso condensarla in cinque parole, che riguardano requisiti personali prima ancora che posizioni ideologiche, stile prima ancora che iniziative, fondamenta prima ancora che costruzioni.
CULTURA, intesa come possesso di un sapere ampio e interconnesso, continuamente bisognoso di crescere.
INTELLIGENZA, intesa come capacità di cogliere ed elaborare, interpretare e capire, leggere dentro.
PONDERAZIONE, intesa come valutazione moderata e oggettiva che detta il passo e prevale sullo slancio emotivo.
VISIONE, intesa come proiezione larga e creativa della realtà verso una dimensione potenziale, con onesta ambizione e con coscienza dei nessi causali e dei nodi discriminanti.
STATURA, intesa come spessore morale ed intellettuale che definiscono la qualità dell’individuo e delle sue azioni.
Requisiti essenziali e propedeutici per svolgere l’attività sociale più importante di tutte, la Politica. Requisiti che, fin dal ricordo del 1978, segnano la mia idea di Aldo Moro e che, a cercarli oggi, uno a uno per non dire tutti insieme, restituiscono un senso di nostalgica e malinconica lontananza.


P.S. Ho un altro ricordo del ’78, questa volta a colori, dal verde sgargiante dell’erba alle tinte vivaci delle maglie. Il ricordo a colori si colloca nel soggiorno di casa, divano, poltrone, tavolino e mobile basso con sopra la TV sintonizzata sul mondiale di calcio in Argentina. La magia del grande evento sportivo, l’epopea delle nazionali e dei fuoriclasse, l’Italia in festa per la vittoria sui padroni di casa nel girone iniziale. Non c’è traccia, nel ricordo a colori, della dittatura dei colonnelli che già da un paio d’anni devastava l’Argentina e le sue generazioni. E non c’è traccia, nel ricordo a colori, del cadavere di Aldo Moro, ritrovato appena 22 giorni prima nel bagaglio della Renault rossa.

Pubblicato da Alberto Vicentin

Dal 1972 (cioè dall'inizio) residente a Brendola, nella provincia vicentina. Ingegnere chimico, consulente ambientale, giornalista pubblicista e... mi piace scrivere (www.spuntidivista.blog)

Una opinione su "L’idea di Aldo Moro, e Argentina ‘78"

  1. Alberto ciao, complimenti per le riflessioni prima sulla riapertura della scuola, cosa assolutamente necessaria ed ora su Aldo Moro, uomo di grande rettitudine morale e di fede profonda che a pagato con la vita la difesa dei valori in cui credeva.

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