Naviglio controcorrente

Oggi Milano era soffocante, come le prime volte ma in modo diverso.
Le prime volte, ricordo, l’aria era grigia, rifletteva il grigio opaco dell’asfalto e quello geometrico degli edifici e piombava giù come uno spesso tendaggio dal grigio profondo del cielo. Anche col sole a quel tempo Milano era grigia, almeno nel ricordo. Lo era pure nelle afose mattine estive in cui il treno strisciava la pianura padana dalla stazione di Vicenza fino alla Centrale, con il suo preludio di casermoni rosso grigio intervallati da parchetti verde grigio. E fuori dalla Centrale, giù nella metro, su nelle piazze, giù nei sottopassi, su ai piani alti dei palazzi di periferia si sgranavano gli incontri adolescenziali con gli amici della vacanza e gli amici degli amici. Tanto era psichedelica, partendo dalla campagna veneta, l’idea della grande città e della sua vita esotica quando era soffocante l’idea di restarci. Mai e poi mai avrei vissuto lì! E la strisciata di ritorno del treno nella sera estiva era già nostalgia e già sollievo.
Quello era il tempo sospeso delle possibilità impossibili.
Poi il tempo cambiò e con esso Milano prese a cambiare. Capitarono negli anni occasioni sparse di assaggiare la grande città, per un convegno, una riunione o un sopralluogo, in auto o ancora in treno, in centro o nei sobborghi, da solo o in compagnia, per studio, per lavoro e infine in gita di famiglia, da veri turisti, senza scuse né distrazioni, solo per andarci e curiosare e trascorrerci qualche giorno. Ogni volta Milano cambiava, cresceva, si arricchiva. Ogni volta si scrollava di dosso un po’ di memoria grigia e assumeva tinte nuove, gli argenti cangianti di Piazza Duomo, gli ocra preziosi di Brera, i verdi scintillanti di Porta Ticinese, i blu striati dei Navigli, le trasparenze ammiccanti di Piazza Gae Aulenti, i rossi tenui di San Babila, i bianchi scuri della Scala, gli arcobaleni di City Life e del Cenacolo.

Milano era cambiata ed era sempre più bella, non era più soffocante e anzi invitava a respirare e immaginare sempre più, guardava in alto e ti guardava dritto negli occhi. La grande città irretiva, affascinava, accoglieva e diventava, sì, diventava un posto in cui voler vivere.
Invece oggi Milano era tornata soffocante, come le prime volte eppure in modo diverso. Ogni sirena sibilava come un lamento, ogni auto della polizia municipale lanciava un monito, le poche persone mascherate sgattaiolavano guardinghe dietro gli angoli, le strade invece che ricevere e convogliare il traffico sembravano volerlo cacciare via, rigettare ai margini. Pure il Naviglio Grande, che lassù si stacca dalla riva del Ticino e attraversa cinquanta chilometri di borghi e di campagne per infilarsi dritto nella città, come un’arteria che porta linfa vitale, oggi no, oggi scorreva al contrario, scivolava verso la periferia, drenava come una vena di linfa esausta, sdrucciolava controcorrente per risalire il suo corso e riunirsi finalmente alla viva corrente del Ticino.
A pensarci bene oggi Milano non era grigia, aveva i suoi colori ma i colori stingono se non ci sono occhi a guardarli. E a pensarci meglio oggi non era soffocante. Oggi piuttosto Milano soffocava. O magari tratteneva il fiato, in una paziente apnea, fino a quando serve.

Pubblicato da Alberto Vicentin

Dal 1972 (cioè dall'inizio) residente a Brendola, nella provincia vicentina. Ingegnere chimico, consulente ambientale, giornalista pubblicista e... mi piace scrivere (www.spuntidivista.blog)

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