
Pausa pranzo al bar, come una volta, tra un corso e un sopralluogo.
Sullo schermo appeso alla parete, volume basso per non disturbare ma non abbastanza da nascondere, racconti di bombe, ospedali pediatrici e macerie.
Al tavolo vicino voci nervose, indignate, parole di dura condanna e rivendicazioni di giustizia per gli aumenti dei prezzi del carburante.
Nel cellulare una coda di mail ansiose, disagevoli e sofferte sulla sofisticata modulistica indispensabile per autorizzare, entro ieri, l’accesso della ditta in cantiere.
Sullo schermo, lo stesso, scene di piazza festante, tra vessilli identitari e slogan accorati a celebrare il trionfo nella partita di calcio.
Il conto, prego.