Opinioni vacillanti

C’è qualcosa di vertiginoso, ed essenziale, nel lasciare che le proprie opinioni vacillino, che si smarriscano nei dubbi per ritrovarsi poi più forti, o magari per cambiare.
Siamo al tavolo di una birreria, tra amici, e la conversazione via via si accende, monta e aggredisce temi di viva attualità, politica ed economia, cronaca ed etica. Temi su cui è doveroso avere un’opinione e piantarla lì sopra, sul tavolo della birreria, come una bandierina. La tensione cresce, il dialogo diventa un ping-pong serrato in cui ogni risposta serve per ributtare la pallina dall’altra parte sperando che l’altro sbagli, e se la pallina ritorna bisogna in qualche modo ricacciarla di là. Recepisco il minimo indispensabile per costruire la replica, costruisco la replica per fare il punto. C’è agonismo sul tavolo, c’è il desiderio di prevalere: il giusto sullo sbagliato, il buono sul cattivo, il nero sul bianco. L’io sull’altro.
Ad un tratto mi vedo da fuori, e non mi piaccio. Mi rendo conto che non sto ascoltando, che ho deciso a priori la mia posizione e che ora la sto solo difendendo, attaccando quella contrapposta. Mi accorgo che non è un dialogo ma una partita. Che nessuno può vincere davvero perché nessuno sta davvero giocando.
Ed è allora che inizio ad ascoltare.
Non è che lo decida proprio, semplicemente capita: abbasso la guardia e lascio entrare le parole, gli umori, i ragionamenti, i punti di vista, magicamente ne intuisco le traiettorie e ne indovino le origini.
“E se per caso non avessi ragione io? E se avesse ragione l’altro? E se l’altro avesse torto ma io, per farglielo capire, dovessi prima assorbire, condividere le sue ragioni? E se avessimo ragioni diverse e torti diversi? E se stessimo pensando le stesse cose attraverso filtri diversi? E se in fondo, alla base, fossimo d’accordo?”
Il gioco cambia, le insidie si trasformano in opportunità, gli attacchi in assist, e non è più scontato dove stia la forza e dove stia la debolezza.
C’è una vertigine quando le opinioni vacillano e si smarriscono nei dubbi. Subito perdi gli appoggi, guardi in basso e ti sembra di precipitare. Poi senti l’aria addosso, alzi lo sguardo e ti accorgi che stai volando.

Pubblicato da Alberto Vicentin

Dal 1972 (cioè dall'inizio) residente a Brendola, nella provincia vicentina. Ingegnere chimico, consulente ambientale, giornalista pubblicista e... mi piace scrivere (www.spuntidivista.blog)

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