
Il colloquio è in Inglese e l’intervistatore è Spagnolo, anzi Catalano: forse per questo le sue frasi partono in ordine per poi accelerare e venirmi addosso in un groviglio sonoro da cui, dosando concentrazione e fantasia, estraggo faticosamente il senso delle domande. Magari è solo un mio problema di familiarità con le conversazioni cosmopolite, e penso che, chissà, se lui parlasse in Catalano ed io in Veneto…
Comunque il colloquio si snoda, cortese e serrato, malgrado il tema scottante: sono io un soggetto a rischio corruzione? Non è che ce l’abbiano proprio con me, ma si dà il caso che la Multinazionale stia conducendo una campagna, virtuosa e ineccepibile, contro la corruzione e che io sia stato selezionato, tra i fornitori della filiale italiana, come caso interessante per un’intervista (nella mia agenda ho segnato scaramanticamente “Interrogatorio”).
Inizia più o meno così: “Per noi è una procedura normale, non c’è nulla di personale. Questo è un progetto della casa madre e lo stiamo mettendo in pratica in tutto il mondo.” Io, sollevato, ammicco: “Non solo qui in Italia, dunque”. Lui: “No, non solo in Italia, però l’Italia è segnata in rosso nella nostra mappa europea, insieme al Portogallo, quindi qui poniamo più attenzione.” Ah, ecco.
Prima dell’intervista mi avevano sottoposto un questionario online, e lì avevo dato una risposta pericolosa, di quelle che il software trasforma in pallini rossi lampeggianti. Ebbene sì, ho risposto che nel mio lavoro di consulente ambientale e di RSPP ho regolarmente a che fare con gli enti pubblici: per il software anticorruzione avere a che fare con gli enti pubblici rappresenta automaticamente una criticità. Non fa una piega. Ma al colloquio mi rassicurano: “Capiamo bene che è normale nel tuo lavoro, quindi non preoccuparti.” Io non mi preoccupo e procediamo secondo protocollo.
Le domande sono semplici e nascondono insidie, come tutte le domande semplici. Mi scappano verità scomode: “In vent’anni ho conosciuto molti funzionari e ho costruito buoni rapporti di stima e collaborazione. Sempre rapporti corretti, ognuno nel suo ruolo e con qualche soddisfazione, come quando un Cliente mi dice che gli ispettori parlano bene del mio studio.” Pallini rossi che lampeggiano! “Sono componente del comitato valutazione impatto ambientale della Provincia di Vicenza, esperienza molto utile per vedere il mio lavoro da un altro punto di vista, quello di chi lo giudica. E poi c’è modo di confrontarsi apertamente con colleghi e ispettori.” Altri pallini rossi che vorticano, e una domanda: “Non è che qualche cliente venga da te proprio per avere rapporti di favore con gli enti?” Rispondo circospetto: “Se i miei rapporti e le mie esperienze servono a risolvere i problemi del cliente, ben venga, ma sempre in modo onesto e professionale.” L’intervistatore catalano scrive qualcosa nel taccuino e mi chiede se ho famigliari o parenti nella pubblica amministrazione, o magari con incarichi politici. Questa è una domanda facile, sorrido e rispondo: “No, nessuno. Bè, non so se conta, ma tempo fa mio padre è stato Sindaco del paese”. Qui i pallini rossi lampeggianti sembrano roteare e sibilare come una sirena d’allarme: “Di recente?” Fortunatamente sono passati quasi trent’anni e la faccenda può ritenersi prescritta.
Il colloquio è oggettivamente impegnativo, divertente a momenti e disagevole in altri. Mi chiedo che senso abbia, come quando per entrate in uno Stato ti chiedono di scrivere se hai intenzione di compiere atti terroristici, e verrebbe voglia di mettere SÌ solo per vedere cosa succede. Poi mi vengono in mente altre cose, un po’ alla rinfusa. Un cliente che affida la formazione ad un concorrente, perché “viene da noi un paio d’ore e mi dà un attestato da 16 ore.” Leggende su certificati d’analisi rilasciati senza bisogno di fare campionamenti. Professionisti apprezzati perché nei loro documenti non emergono mai problemi né adeguamenti da realizzare. Dicerie di autorizzazioni che si ottengono solo rivolgendosi a certe persone.
Mi vengono in mente alla rinfusa, ma mettono un po’ d’ordine sul nostro colloquio anticorruzione. Ha senso, sì, e non è finita. Arriva una domanda secca: “Ti è mai capitato che un Cliente ti chieda di dare soldi ad un funzionario pubblico per avere vantaggi?” Lo guardo, ci penso un po’ su: “No, in vent’anni non mi è mai capitato. Sa, forse sono stato fortunato, o forse non sono il tipo di persona a cui chiedere una cosa così. Non si sa mai, ma il modo con cui ti presenti, lo stile con cui lavori qualcosa contano.” Sorride anche lui stavolta, e scrive qualcosa nel taccuino.
Me ne vado, con un’esperienza in più e con un ultimo pensiero, che lampeggia come un pallino rosso. In fondo tra corretto e corrotto ci passa solo una vocale, magari può bastare una grafia imprecisa o una lettura frettolosa per far confusione. Chissà se questo problema esiste solo con l’Italiano.