
Bianco, vuoto, in disinteressata attesa, come lo schermo in sala fuori orario di proiezione.
Così trovi il Palazzo del Cinema una mattina di giugno. Non sei lì per lui eppure lui, senza un cenno, ti trattiene.
Ti aggancia con l’immobilità e col silenzio e, presto, arrivano loro.
Arrivano come la corsa dei bisonti che, lontani nella prateria deserta, sgranano di polvere il filo dell’orizzonte. Come il treno quando è ancora invisibile ma se appoggi l’orecchio alla rotaia lo senti dentro.
È così che sopraggiungono e si riappropriano del loro spazio al Lido i decenni di Mostra del Cinema. Saettano e indugiano, si accalcano e si diradano immagini, suoni, impressioni. Sfilano, vociano, ammiccano e sfuggono i personaggi. I curiosi e gli appassionati, i dimessi e gli esibizionisti, le maschere e i mascherati, gli addetti ai lavori e gli addetti agli addetti ai lavori. Le ragazzine che si insediano ai bordi della passerella già alla mattina, sotto il sole, per accogliere trepidanti in prima fila le star della sera. I ragazzini che recitano la stessa trepidazione pur di stare addosso alle ragazzine. I cineasti potenziali che escono dalla sala spiegando come l’avrebbero girato meglio, loro, quel film. La famosa attrice in borghese che passa quasi inosservata, l’attore ignoto che viene acclamato all’unica conferenza stampa della sua vita. I vestiti di gala a metà pomeriggio, gli zainetti degli instancabili dopo l’ottava proiezione di giornata, i dieci minuti di applausi per l’opera inaspettata e sorprendente, i fischi impietosi sui titoli di coda con il regista seduto lì accanto.
E ti viene in mente perché, tra tutte le arti, il cinema tanto tempo fa ti ha conquistato e non ti ha lasciato più: perché il cinema è tutte le arti, tutte insieme allo stesso tempo, combinate e sovrapposte, mitigate e potenziate. Ti viene in mente che il cinema ti tira dentro, finge di raccontarti le storie e intanto te le fa vivere.
E ti viene in mente che in una sala fuori orario di proiezione, se guardi bene, se le lasci arrivare, puoi riconoscere le tracce di tutte le storie che ci sono passate: sono ancora lì, impresse sullo schermo bianco, vuoto, in disinteressata attesa, come sul Palazzo del Cinema una mattina di giugno.

Bella, il primo amore non si dimentica mai.
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